NON È PIÙ TEMPO
Ti ho visto ieri, da lontano, in una città non nostra. Una città senza memoria. Stavi seduto all’angolo di un marciapiedi scalzo e spettinato, bisognevole d’amore. È come vivere e poi morire, a volte, l’immergersi nel gomitolo impietoso del passato specchio insolente, custode senza vergogna di ricordi soffocati nella seta. Vorrei disfarlo il tempo tornare dove hai lasciato i tramonti e le cianfrusaglie che tanto amavi; in un giorno senza nome vorrei sciogliere il gelo, senza aspettare primavera. Corri cavaliere, corri: credevi di far l’amore con la luna invece, uno a uno, hai perso tutti i bottoni. Non mi sono avvicinato. Ti conosco, mi avresti detto: «No, da te non posso», ma ora sono qui, davanti allo specchio a confrontarmi con la vita, quella vita ingorda che ogni giorno ruba un pezzo di noi facendoci prigionieri del domani. E domani sarà un altro giorno in cui il tempo si dilaterà e sembrerà non trascorrere. Non è più tempo. Non è più tempo di giocare, amico mio. La nostra vecchiezza pretende dignità e tornerò, tornerò nella città senza memoria e mentre il tempo correrà sulle foglie degli alberi il mio involucro comincerà a cercare, fra milioni di piedi troverà i tuoi piedi scalzi e li riporterà nella stanza dei tumulti, là, dove si è persa la tua pace. Allora, finalmente, mi potrò fermare. Senti, fuori piove. Apro la finestra, sorrido e piango. |