Recensioni per opere di Giampaolo Merciai
Giuseppe Benelli - storico e critico letterario
Con versi struggenti frutto di una sensibilità attenta, Giampaolo Merciai, deluso dall’odierna società, scava nella sua anima, si ritrova bambino e si rifugia in un mondo di favole, ma quando la luce del pensiero che lo lega al mondo fantastico dell’infanzia svanisce come una meteora, allora i suoi occhi si calano in mestizia, si riempiono di lacrime e cominciano a scavare nel suo cuore nuovi solchi che lo riportano alla realtà.
Roberto Rizzoli - critico letterario
La poesia di Giampaolo Merciai è una scrittura autonoma e visibile di rara intensità comunicativa. Non si colora di se stessa, ma è capace di affrontare i tempi più veri e intensi della vita. Le sue liriche formano quasi una sorta di sigillo poetico in cui l’autore racchiude la sua capacità reattiva di fronte alle interrogazioni etico-esistenziali. Poesie di ampio respiro dove la parola è sempre al centro dell’emozione.
Alessandra Tafarulo - critico letterario di www.literary.it
“Soffio di Vento”, il titolo del romanzo di Giampaolo Merciai, fornisce un valido indizio per il leitmotiv del racconto stesso: un soffio di vento caldo, carezzevole ed imprevisto che “segue” la protagonista durante tutta la sua permanenza nell’antico e misterioso paese di Lucchio, al confine fra le montagne lucchesi e pistoiesi, alla ricerca delle proprie radici.
Elena fa senz’altro parte della schiera dei buoni e, forse, anche degli sfortunati che alla fine, almeno nella finzione, ottengono il riscatto alle proprie sofferenze. La parola “miracolo” non deve stupire se usata in questo contesto; tutta la narrazione è intessuta di eventi che hanno del miracoloso, ma che costituiscono il punto di forza, insieme ad uno stile “pulito” e sobrio e a due diversi piani temporali che ci fanno viaggiare tra XV e XXI secolo.
Tiziana Sellato - membro organizzazione del Premio “Le notti ritrovate”
Giampaolo Merciai, con “Soffio di Vento”, approda alla finale del concorso con il suo primo romanzo, dopo aver ricevuto numerosi riconoscimenti per le sue opere poetiche. Di origini pratesi, Merciai lascia la sua città per trasferirsi a San Marcello nella provincia pistoiese ed è in questo centro montano, nel cuore della Toscana, che si dedica alla scrittura a tempo pieno. Poeta, Merciai passa alla narrativa per raccontare una storia che mischia intense storie d’amore con un percorso iniziatico che porta alla saggezza e alla consapevolezza. Il suo romanzo mischia sapientemente il nostro tempo con avvenimenti che riguardano antichi cavalieri del XV secolo.
Attraverso la protagonista, Elena Ferrari, Merciai ci descrive un mondo affascinante e ricco di storia in cui amori dei secoli passati rivivono ai giorni d’oggi, sullo sfondo di una Toscana intensa e foriera di leggende medievali che ne esaltano il fascino.
Il libro di Merciai non è solo storia e mistero, ma a tratti poesia pura che riesce a coinvolgere ed emozionare il lettore.
Laura Pierdicchi - critico letterario
Il romanzo “Soffio di Vento” di Giampaolo Merciai è ben strutturato e si dipana con scioltezza anche se congloba molti intrecci e diversi periodi. L’autore sa muoversi con abilità dal XV al XXI secolo e riesce a collegare armoniosamente le vicende dei protagonisti. Inoltre, l’elemento esoterico costituisce un forte impatto emotivo. Il romanzo è trattato con grande sensibilità. Ogni personaggio ha un suo mondo interiore ricco di sentimenti ed emozioni, cosicché nell’intreccio della trama si delinea un’accurata indagine psicologica. Oltre a ciò, si torna indietro nel tempo, gustando una gradevole sensazione di pace. Nella prefazione, Merciai propone al lettore di leggere il romanzo come una semplice e strana storia d’amore; in effetti, il filo conduttore del romanzo è l’amore (e i suoi diversi aspetti), ma nell’insieme la storia raccoglie anche molti altri significati.
Mara Guidi - recensionista del sito letterario www.descrivendo.com
Ho conosciuto recentemente Giampaolo Merciai sulle colline pistoiesi. Conoscere una persona nei suoi luoghi d’elezione è certamente il modo più rapido e vero di fare conoscenza e amicizia. Infatti, poco dopo, ci arrampicavamo verso Lucchio, un paese abbarbicato su una montagna, dominato dai ruderi di un castello che si dice non sia mai stato espugnato con le armi.
Ma Giampaolo ne ha espugnato la storia e la magia ambientando, proprio in questo paese e in questo castello, il suo romanzo “Soffio di Vento” e raccontando, tra il vero e il fantastico, la storia di Elena e di Giaffa di Calabria tra il XV secolo e i giorni nostri. È stato così che per una volta mi sono stati illustrati dal vivo i luoghi di vicende che non conoscevo, vagabondando tra case diroccate e strade coperte d’erba. Ho conosciuto i personaggi prima di leggerli, ho percorso i loro viottoli prima di immaginarli, ho visto la chiesa e il campanile sfiorando un pezzetto della soluzione finale.
Soluzione finale è parola appropriata, perché nel libro c’è un mistero da scoprire, traumi giovanili da superare, problemi fisici da risolvere.
E tutto questo è possibile solo dando credito a quanto di soprannaturale esiste in noi, dando seguito alle intuizioni, dando fiducia alle emozioni.
Giampaolo Merciai, però, non si limita a raccontare una leggenda e una storia d’amore.
Pupi Avati - scrittore, regista cinematografico
Il romanzo di Giampaolo Merciai, “Soffio di Vento”, è ben scritto e la vicenda (seppur classica nel suo schema passato/presente) è sufficientemente avvincente. L’autore dimostra nell’approccio ai personaggi e al contesto storico che rievoca, di avere alle spalle attente ricerche e un grande amore per quei luoghi.
Nicla Morletti - poetessa, scrittrice, segretario generale del Premio “Il Molinello”
Ecco un libro per chi ama le leggende e i misteri che aleggiano attorno ai castelli. “Soffio di Vento - Storie e misteri del castello di Lucchio” è una semplice e strana storia d’amore. Una vicenda che vede intrecciarsi due periodi storici apparentemente lontani e, esotericamente parlando, molto vicini: il XV e il XXI secolo.
Una storia di dame e fantasmi. Di misteri del castello di Lucchio. Briganti, cavalieri neri, castellani, il buio della notte. E fiori bellissimi: “i fiori della vita”.
Al lettore la scoperta di queste pagine meravigliose, di misteri e incantesimi.
Un libro che racchiude sapientemente storia e antropologia, esoterismo e filosofia. E poi c’è la realtà, la fantasia. L’amore.
Cinzia Demi - poetessa, scrittrice, direttore collana di poesia “Sibilla” - Casa Editrice Pendragon (BO)
Quello che contraddistingue la poesia di Giampaolo Merciai è una sorta di sentimento che potremo chiamare filosofia del vivere quotidiano che attraversa e unisce i suoi pensieri: quando le cose devono accadere, accadono, l’importante è non farsi travolgere dagli eventi. Questo il principio di base, ma chiaramente, con le sue complessità, i suoi mutevoli toni e le infinite sfumature che attraversano l’esistenza. Nelle sue opere si riconoscono elementi di affinità con Majakovskij, Thomas Dylan, Bertold Brecht, Leopardi. Inoltre è evidente uno spaziare nel fiabesco, un attingere alla risorse dell’immaginario per confrontarsi con la guerra o il dolore, le ingiustizie o la solitudine ma, soprattutto, con l’amore.
Lo stesso vale per il suo romanzo “Soffio di Vento - Storie e misteri del castello di Lucchio”, nel quale la storia è un intreccio che va dal XV secolo ad oggi e che unisce le vite dei personaggi principali, Giaffa di Calabria, valoroso soldato al servizio del castellano di Lucchio ed Elena Ferrari, ragazza che vive a Milano, con la sua storia di vissuto abbastanza drammatico.
In un susseguirsi di misteri, inquietudini e ritorni al passato, la trama s’infittisce di eventi e sensazioni, prende il lettore e lo trasporta tutto d’un fiato verso il finale. L’autore, dobbiamo dirlo, ci presenta un lavoro non improvvisato, fatto di ricerche e documentazioni storiche ma che, soprattutto, diventa viatico di amore per la vita, quella vera che dà valore ai sentimenti e alle emozioni e che aiuterà la protagonista a ricostruire il proprio passato e a trovare la pace per il futuro.
Alberto Bevilacqua - poeta, scrittore
Il poeta Giampaolo Merciai si crea una propria terra di nessuno con una ragguardevole fermezza di stile e compattezza metrica. Palazzeschi e Cardarelli avrebbero amato il verso: “ho atteso tutta una vita il tuo odore nel mio letto”. Un’ironica rassegnazione riscatta dal dolore il flusso dei sensi, lo ammorbidisce, gli evita le ferite. Il tempo si scandisce come un paradosso del creato. Per quanto “soffiato nel vetro”, l’uomo resta un fulcro morale, come la sua innocenza resta una lieve allegria di un naufragio. Alla fine della parabola terrena, non c’è retorica nostalgica, bensì un susseguirsi di lampi dei sensi che hanno la cadenza di un’infanzia troppo adulta.
Alessandro Tonarelli - giornalista, critico letterario
Soffio di Vento racconta una storia che vede intrecciarsi trame appartenenti a due periodi storici vicendevolmente assai lontani: il XV e il XXI secolo, costituendo appunto una storia. E la storia, come era solito affermare Tiziano Terzani, esiste solo se qualcuno la racconta. Una storia che, in questo caso, grazie alla fantasia assembla reminiscenze ed emozioni che si credevano perdute, esattamente come la “Recherque” e le “madaleins” di Proust.
Il romanzo si suddivide in tre distinte fasi, rispettivamente narrativa, storico-descrittiva ed esoterica, tutte dipinte con grande scioltezza e altrettanta capacità di sintesi, in omaggio al concetto di Giosuè Carducci secondo cui “chi usa quindici parole quando ne basterebbero dieci è capace di qualunque misfatto”. Giampaolo Merciai utilizza invece parametri di essenzialità descrittiva, intrigando e appassionando il lettore.
Giampaolo Merciai, comunque, è e rimane un poeta. E quando un poeta si dà alla narrativa non abdica certo (fortunatamente) alle proprie peculiarità.
Carlo Ciappi - scrittore, critico letterario (x TERRA FANGOSA)
“Terra Fangosa” non annoia certo per scarsità di accadimenti, intrecci o personaggi. Il modo di narrare dell’autore non nasconde la caratteristica di ogni protagonista della storia, anzi, con dovizia di particolari ne palesa gli aspetti peculiari, non ne fa mistero nei dialoghi, dove ognuno di loro si manifesta per caratteristiche personali di come è costruito il personaggio e perciò i suoi comportamenti non possono essere che quelli. Il narrare, si avverte subito, è frutto di un preciso stile personale nel quale s’incontrano e ben coabitano fantasia, creatività e conoscenza della vita. Se poi si aggiunge anche la bravura dello scrittore, allora viene fuori l’opera, “quella” che si fa ricordare, perché ha lasciato il segno di una lettura da cui non ci si può staccare per quanto è avvincente, fino a diventare parte di un nostro importante momento del giorno: quello in cui le membra si addolciscono sulla poltrona di casa o, meglio ancora, sulla panchina della primavera.
Le storie, quelle inanellate dall’autore, si accavallano e si toccano, si allontanano e si ritrovano, sanno di vita, di vita che pulsa e alla quale, talvolta, ci si deve arrendere inevitabilmente.
L’arco del tempo coperto dal romanzo è vasto e nel suo dipanare tempi e fatti si ripercorre una gran parte della storia italiana.
Si legge il libro godendone la storia; se ne apprezzano, nell’andare avanti, altre peculiarità, gli intrecci e le verità che si incontrano, verità che spesso rifuggiamo allorché le scopriamo dentro di noi.
In questo romanzo Giampaolo Merciai, autore capace di muovere le coscienze e innescare interessi di ricerche, tocca un aspetto molto delicato, quello dell’amore e del rapporto uomo- donna. C’è una regola per innamorarsi? Esiste un codice per stabilire le caratteristiche di una persona dalla quale siamo attratti? Ecco la funzione del libro, quello con tutti i crismi per appellarsi tale: agitatore di sentimenti e concetti, di verità e paragoni con noi stessi, rivelandoci il nostro personale e intimo libro che teniamo chiuso e albergante dentro di noi.
E innesca voglie di conoscenza a cui non avevamo pensato prima come, per esempio, la simbologia delle due parole del titolo: TERRA FANGOSA.
Terra: terra come femmina e madre, terra che dona e si riprende la vita; e nel titolo, poiché le due parole sono anche il nome di un luogo, Terra è quanto mai azzeccata alla storia, perché nella simbologia letteraria la zolla e la donna sono spesso accomunate, sono vicendevolmente solco seminato, aratura e penetrazione sessuale, parto e messi, lavoro agricolo e atto generatore, raccolta di frutti e allattamento.
Fango: fango come simbolo della materia primordiale da cui, secondo la tradizione biblica, è stato tratto l’uomo. Il fango unisce il principio ricettivo uterino al principio del cambiamento: combinazione terra-acqua. Allora tra la terra vivificata dall’acqua e l’acqua contaminata dalla terra si dispongono tutti i livelli del simbolismo cosmico e, perché no, del simbolismo morale.
E l’uomo può scoprire qualcosa ogni giorno, perché altrimenti diventa “terra fangosa” e questa volta non nel senso simbolico.
Sergio Puggelli - Giuria del Premio “Prato: Un Tessuto di Cultura” (x TERRA FANGOSA)
“Terra Fangosa”, di Giampaolo Merciai, è un romanzo affascinante che porta il lettore a non soffermarsi un attimo poiché è un susseguirsi di azioni, pensieri di una vita esistenziale troppo burrascosa che è tipica della terra in cui si svolgono i fatti.
La vita è un compendio di vicissitudini, si passa dalla nascita alla morte con tutte le turbolenze che possono avvenire nel tragitto esistenziale.
L’amore che percorre i due personaggi principali del racconto vince oltre le violenze subite, gli abusi che l’uomo e la donna sono spesso costretti a subire.
Si può morire materialmente, ma non spiritualmente.
Giuseppe Benelli - storico e critico letterario
Con versi struggenti frutto di una sensibilità attenta, Giampaolo Merciai, deluso dall’odierna società, scava nella sua anima, si ritrova bambino e si rifugia in un mondo di favole, ma quando la luce del pensiero che lo lega al mondo fantastico dell’infanzia svanisce come una meteora, allora i suoi occhi si calano in mestizia, si riempiono di lacrime e cominciano a scavare nel suo cuore nuovi solchi che lo riportano alla realtà.
Roberto Rizzoli - critico letterario
La poesia di Giampaolo Merciai è una scrittura autonoma e visibile di rara intensità comunicativa. Non si colora di se stessa, ma è capace di affrontare i tempi più veri e intensi della vita. Le sue liriche formano quasi una sorta di sigillo poetico in cui l’autore racchiude la sua capacità reattiva di fronte alle interrogazioni etico-esistenziali. Poesie di ampio respiro dove la parola è sempre al centro dell’emozione.
Alessandra Tafarulo - critico letterario di www.literary.it
“Soffio di Vento”, il titolo del romanzo di Giampaolo Merciai, fornisce un valido indizio per il leitmotiv del racconto stesso: un soffio di vento caldo, carezzevole ed imprevisto che “segue” la protagonista durante tutta la sua permanenza nell’antico e misterioso paese di Lucchio, al confine fra le montagne lucchesi e pistoiesi, alla ricerca delle proprie radici.
Elena fa senz’altro parte della schiera dei buoni e, forse, anche degli sfortunati che alla fine, almeno nella finzione, ottengono il riscatto alle proprie sofferenze. La parola “miracolo” non deve stupire se usata in questo contesto; tutta la narrazione è intessuta di eventi che hanno del miracoloso, ma che costituiscono il punto di forza, insieme ad uno stile “pulito” e sobrio e a due diversi piani temporali che ci fanno viaggiare tra XV e XXI secolo.
Tiziana Sellato - membro organizzazione del Premio “Le notti ritrovate”
Giampaolo Merciai, con “Soffio di Vento”, approda alla finale del concorso con il suo primo romanzo, dopo aver ricevuto numerosi riconoscimenti per le sue opere poetiche. Di origini pratesi, Merciai lascia la sua città per trasferirsi a San Marcello nella provincia pistoiese ed è in questo centro montano, nel cuore della Toscana, che si dedica alla scrittura a tempo pieno. Poeta, Merciai passa alla narrativa per raccontare una storia che mischia intense storie d’amore con un percorso iniziatico che porta alla saggezza e alla consapevolezza. Il suo romanzo mischia sapientemente il nostro tempo con avvenimenti che riguardano antichi cavalieri del XV secolo.
Attraverso la protagonista, Elena Ferrari, Merciai ci descrive un mondo affascinante e ricco di storia in cui amori dei secoli passati rivivono ai giorni d’oggi, sullo sfondo di una Toscana intensa e foriera di leggende medievali che ne esaltano il fascino.
Il libro di Merciai non è solo storia e mistero, ma a tratti poesia pura che riesce a coinvolgere ed emozionare il lettore.
Laura Pierdicchi - critico letterario
Il romanzo “Soffio di Vento” di Giampaolo Merciai è ben strutturato e si dipana con scioltezza anche se congloba molti intrecci e diversi periodi. L’autore sa muoversi con abilità dal XV al XXI secolo e riesce a collegare armoniosamente le vicende dei protagonisti. Inoltre, l’elemento esoterico costituisce un forte impatto emotivo. Il romanzo è trattato con grande sensibilità. Ogni personaggio ha un suo mondo interiore ricco di sentimenti ed emozioni, cosicché nell’intreccio della trama si delinea un’accurata indagine psicologica. Oltre a ciò, si torna indietro nel tempo, gustando una gradevole sensazione di pace. Nella prefazione, Merciai propone al lettore di leggere il romanzo come una semplice e strana storia d’amore; in effetti, il filo conduttore del romanzo è l’amore (e i suoi diversi aspetti), ma nell’insieme la storia raccoglie anche molti altri significati.
Mara Guidi - recensionista del sito letterario www.descrivendo.com
Ho conosciuto recentemente Giampaolo Merciai sulle colline pistoiesi. Conoscere una persona nei suoi luoghi d’elezione è certamente il modo più rapido e vero di fare conoscenza e amicizia. Infatti, poco dopo, ci arrampicavamo verso Lucchio, un paese abbarbicato su una montagna, dominato dai ruderi di un castello che si dice non sia mai stato espugnato con le armi.
Ma Giampaolo ne ha espugnato la storia e la magia ambientando, proprio in questo paese e in questo castello, il suo romanzo “Soffio di Vento” e raccontando, tra il vero e il fantastico, la storia di Elena e di Giaffa di Calabria tra il XV secolo e i giorni nostri. È stato così che per una volta mi sono stati illustrati dal vivo i luoghi di vicende che non conoscevo, vagabondando tra case diroccate e strade coperte d’erba. Ho conosciuto i personaggi prima di leggerli, ho percorso i loro viottoli prima di immaginarli, ho visto la chiesa e il campanile sfiorando un pezzetto della soluzione finale.
Soluzione finale è parola appropriata, perché nel libro c’è un mistero da scoprire, traumi giovanili da superare, problemi fisici da risolvere.
E tutto questo è possibile solo dando credito a quanto di soprannaturale esiste in noi, dando seguito alle intuizioni, dando fiducia alle emozioni.
Giampaolo Merciai, però, non si limita a raccontare una leggenda e una storia d’amore.
Pupi Avati - scrittore, regista cinematografico
Il romanzo di Giampaolo Merciai, “Soffio di Vento”, è ben scritto e la vicenda (seppur classica nel suo schema passato/presente) è sufficientemente avvincente. L’autore dimostra nell’approccio ai personaggi e al contesto storico che rievoca, di avere alle spalle attente ricerche e un grande amore per quei luoghi.
Nicla Morletti - poetessa, scrittrice, segretario generale del Premio “Il Molinello”
Ecco un libro per chi ama le leggende e i misteri che aleggiano attorno ai castelli. “Soffio di Vento - Storie e misteri del castello di Lucchio” è una semplice e strana storia d’amore. Una vicenda che vede intrecciarsi due periodi storici apparentemente lontani e, esotericamente parlando, molto vicini: il XV e il XXI secolo.
Una storia di dame e fantasmi. Di misteri del castello di Lucchio. Briganti, cavalieri neri, castellani, il buio della notte. E fiori bellissimi: “i fiori della vita”.
Al lettore la scoperta di queste pagine meravigliose, di misteri e incantesimi.
Un libro che racchiude sapientemente storia e antropologia, esoterismo e filosofia. E poi c’è la realtà, la fantasia. L’amore.
Cinzia Demi - poetessa, scrittrice, direttore collana di poesia “Sibilla” - Casa Editrice Pendragon (BO)
Quello che contraddistingue la poesia di Giampaolo Merciai è una sorta di sentimento che potremo chiamare filosofia del vivere quotidiano che attraversa e unisce i suoi pensieri: quando le cose devono accadere, accadono, l’importante è non farsi travolgere dagli eventi. Questo il principio di base, ma chiaramente, con le sue complessità, i suoi mutevoli toni e le infinite sfumature che attraversano l’esistenza. Nelle sue opere si riconoscono elementi di affinità con Majakovskij, Thomas Dylan, Bertold Brecht, Leopardi. Inoltre è evidente uno spaziare nel fiabesco, un attingere alla risorse dell’immaginario per confrontarsi con la guerra o il dolore, le ingiustizie o la solitudine ma, soprattutto, con l’amore.
Lo stesso vale per il suo romanzo “Soffio di Vento - Storie e misteri del castello di Lucchio”, nel quale la storia è un intreccio che va dal XV secolo ad oggi e che unisce le vite dei personaggi principali, Giaffa di Calabria, valoroso soldato al servizio del castellano di Lucchio ed Elena Ferrari, ragazza che vive a Milano, con la sua storia di vissuto abbastanza drammatico.
In un susseguirsi di misteri, inquietudini e ritorni al passato, la trama s’infittisce di eventi e sensazioni, prende il lettore e lo trasporta tutto d’un fiato verso il finale. L’autore, dobbiamo dirlo, ci presenta un lavoro non improvvisato, fatto di ricerche e documentazioni storiche ma che, soprattutto, diventa viatico di amore per la vita, quella vera che dà valore ai sentimenti e alle emozioni e che aiuterà la protagonista a ricostruire il proprio passato e a trovare la pace per il futuro.
Alberto Bevilacqua - poeta, scrittore
Il poeta Giampaolo Merciai si crea una propria terra di nessuno con una ragguardevole fermezza di stile e compattezza metrica. Palazzeschi e Cardarelli avrebbero amato il verso: “ho atteso tutta una vita il tuo odore nel mio letto”. Un’ironica rassegnazione riscatta dal dolore il flusso dei sensi, lo ammorbidisce, gli evita le ferite. Il tempo si scandisce come un paradosso del creato. Per quanto “soffiato nel vetro”, l’uomo resta un fulcro morale, come la sua innocenza resta una lieve allegria di un naufragio. Alla fine della parabola terrena, non c’è retorica nostalgica, bensì un susseguirsi di lampi dei sensi che hanno la cadenza di un’infanzia troppo adulta.
Alessandro Tonarelli - giornalista, critico letterario
Soffio di Vento racconta una storia che vede intrecciarsi trame appartenenti a due periodi storici vicendevolmente assai lontani: il XV e il XXI secolo, costituendo appunto una storia. E la storia, come era solito affermare Tiziano Terzani, esiste solo se qualcuno la racconta. Una storia che, in questo caso, grazie alla fantasia assembla reminiscenze ed emozioni che si credevano perdute, esattamente come la “Recherque” e le “madaleins” di Proust.
Il romanzo si suddivide in tre distinte fasi, rispettivamente narrativa, storico-descrittiva ed esoterica, tutte dipinte con grande scioltezza e altrettanta capacità di sintesi, in omaggio al concetto di Giosuè Carducci secondo cui “chi usa quindici parole quando ne basterebbero dieci è capace di qualunque misfatto”. Giampaolo Merciai utilizza invece parametri di essenzialità descrittiva, intrigando e appassionando il lettore.
Giampaolo Merciai, comunque, è e rimane un poeta. E quando un poeta si dà alla narrativa non abdica certo (fortunatamente) alle proprie peculiarità.
Carlo Ciappi - scrittore, critico letterario (x TERRA FANGOSA)
“Terra Fangosa” non annoia certo per scarsità di accadimenti, intrecci o personaggi. Il modo di narrare dell’autore non nasconde la caratteristica di ogni protagonista della storia, anzi, con dovizia di particolari ne palesa gli aspetti peculiari, non ne fa mistero nei dialoghi, dove ognuno di loro si manifesta per caratteristiche personali di come è costruito il personaggio e perciò i suoi comportamenti non possono essere che quelli. Il narrare, si avverte subito, è frutto di un preciso stile personale nel quale s’incontrano e ben coabitano fantasia, creatività e conoscenza della vita. Se poi si aggiunge anche la bravura dello scrittore, allora viene fuori l’opera, “quella” che si fa ricordare, perché ha lasciato il segno di una lettura da cui non ci si può staccare per quanto è avvincente, fino a diventare parte di un nostro importante momento del giorno: quello in cui le membra si addolciscono sulla poltrona di casa o, meglio ancora, sulla panchina della primavera.
Le storie, quelle inanellate dall’autore, si accavallano e si toccano, si allontanano e si ritrovano, sanno di vita, di vita che pulsa e alla quale, talvolta, ci si deve arrendere inevitabilmente.
L’arco del tempo coperto dal romanzo è vasto e nel suo dipanare tempi e fatti si ripercorre una gran parte della storia italiana.
Si legge il libro godendone la storia; se ne apprezzano, nell’andare avanti, altre peculiarità, gli intrecci e le verità che si incontrano, verità che spesso rifuggiamo allorché le scopriamo dentro di noi.
In questo romanzo Giampaolo Merciai, autore capace di muovere le coscienze e innescare interessi di ricerche, tocca un aspetto molto delicato, quello dell’amore e del rapporto uomo- donna. C’è una regola per innamorarsi? Esiste un codice per stabilire le caratteristiche di una persona dalla quale siamo attratti? Ecco la funzione del libro, quello con tutti i crismi per appellarsi tale: agitatore di sentimenti e concetti, di verità e paragoni con noi stessi, rivelandoci il nostro personale e intimo libro che teniamo chiuso e albergante dentro di noi.
E innesca voglie di conoscenza a cui non avevamo pensato prima come, per esempio, la simbologia delle due parole del titolo: TERRA FANGOSA.
Terra: terra come femmina e madre, terra che dona e si riprende la vita; e nel titolo, poiché le due parole sono anche il nome di un luogo, Terra è quanto mai azzeccata alla storia, perché nella simbologia letteraria la zolla e la donna sono spesso accomunate, sono vicendevolmente solco seminato, aratura e penetrazione sessuale, parto e messi, lavoro agricolo e atto generatore, raccolta di frutti e allattamento.
Fango: fango come simbolo della materia primordiale da cui, secondo la tradizione biblica, è stato tratto l’uomo. Il fango unisce il principio ricettivo uterino al principio del cambiamento: combinazione terra-acqua. Allora tra la terra vivificata dall’acqua e l’acqua contaminata dalla terra si dispongono tutti i livelli del simbolismo cosmico e, perché no, del simbolismo morale.
E l’uomo può scoprire qualcosa ogni giorno, perché altrimenti diventa “terra fangosa” e questa volta non nel senso simbolico.
Sergio Puggelli - Giuria del Premio “Prato: Un Tessuto di Cultura” (x TERRA FANGOSA)
“Terra Fangosa”, di Giampaolo Merciai, è un romanzo affascinante che porta il lettore a non soffermarsi un attimo poiché è un susseguirsi di azioni, pensieri di una vita esistenziale troppo burrascosa che è tipica della terra in cui si svolgono i fatti.
La vita è un compendio di vicissitudini, si passa dalla nascita alla morte con tutte le turbolenze che possono avvenire nel tragitto esistenziale.
L’amore che percorre i due personaggi principali del racconto vince oltre le violenze subite, gli abusi che l’uomo e la donna sono spesso costretti a subire.
Si può morire materialmente, ma non spiritualmente.
RECENSIONI PER "PORCO GIUDA"
Moreno Burattini - scrittore, commediografo, umorista, critico specializzato, uno dei più noti sceneggiatori italiani: Lupo Alberto, Cattivik, Il Comandante Mark, Dampyr, Tex, Zagor
Probabilmente il titolo non consente di capire bene subito di che tipo di romanzo si tratti. Parlandone con l'autore, la spiegazione che vien fuori è questa: da un lato, "porco giuda!" è una delle esclamazioni che si ripetono, in bocca al protagonista Gianrico, durante lo svolgersi della storia; dall'altro, si allude al tradimento che è per l'appunto uno dei temi su cui si sviluppa la trama (e Giuda, si sa, è il traditore per antonomasia). Il primo paragone che viene in mente procedendo con la lettura, per lo più avvincente, è con Dan Brown. Una sacra reliquia, un monaco, un mistero religioso, un morto in apertura di storia che lascia un messaggio cifrato, una sorta di caccia al tesoro in giro per il mondo. Tuttavia, se la comparazione serve a dare un'idea del genere di thriller imbastito da Merciai, sarebbe sbagliato ritenere il suo romanzo una imitazione del "Codice da Vinci". Diciamo che l'accostamento serve a delimitare un ambito. Merciai, classe 1944, pratese purosangue (nato dentro le mura, come lui ci tiene a dire), parte proprio da Prato e mette al centro del suo racconto il "Sacro Cingolo", ovvero la cintura della Madonna che, secondo la leggenda, prima della sua assunzione in cielo, la Vergine avrebbe consegnato a San Tommaso. Nel XII secolo, grazie a Michele Dagomari, mercante uso a viaggiare in Medio Oriente per commercio, la cinta arriva da Gerusalemme fino a Prato, dov'è conservata nel Duomo. Ai nostri giorni, uno dei discendenti di Michele, Alfredo Dagomari, viene ucciso nel centro della città e prima di morire fa in tempo a spedire al figlio Gianrico un biglietto su cui ha vergato un enigmatico messaggio. Gianrico, che vive a Napoli, non parla più con suo padre da quasi vent'anni, dopo che Alfredo, fotografo di guerra, lasciò la moglie gravemente ammalata per andare in Serbia e dunque non le fu vicino quando lei avrebbe avuto bisogni di lui e nel momento della morte. Dunque, c'è un conflitto padre-figlio che movimenta tutto il romanzo. Però, dato l'accaduto, Gianrico torna a Prato e comincia a indagare: sembra che qualcuno voglia impossessarsi del Sacro Cingolo e sia pronto a uccidere per questo. Seguono la scoperta di società segrete, intrighi internazionali, viaggi in città affascinanti di mezzo mondo (Belgrado, San Pietroburgo, New York, Shangai) in un intreccio di interazioni fra personaggi ben caratterizzati, tra cui alcune donne molto intriganti. Donne che sembrano apprezzare Gianrico ma a cui però lui non cede, per colpa di una recente delusione amorosa che gli ha lasciato il segno. Di ciascuna di queste figure (il barbone Pietro, la bella serba Dunja, la poliziotta Lavinia, il feroce Stevan) ci si chiede se davvero siano quello che dicono di essere, perché Merciai cerca di seminare il dubbio a ogni pie' sospinto, e la trama prende più volte direzioni diverse, fino all'inaspettato finale. Il tutto piacerà agli amanti del genere. Le descrizioni di Prato sono elaborate e realistiche, al pari di quelle delle altre città che l'autore ha davvero visitato negli anni in cui, da buon pratese, aveva una azienda tessile e girava per affari. Dal 2003, dopo essersi ritirato dal mondo per lavoro, Merciai vive sulla montagna pistoiese e si dedica alla poesia, al teatro e alla scrittura.
Antonella Griseri - poetessa, scrittrice, editor di case editrici
L’interesse principale del Romanzo di Giampaolo Merciai è l’originalità dell’argomento esplorato che si pone come assoluta novità nel panorama editoriale. L’enigma principale del libro ruota attorno alla Sacra Cintola della Madonna, un tesoro dal valore inestimabile. La Sacra Cintola, chiamata anche Sacro Cingolo, è considerata la reliquia più preziosa di Prato, fulcro della religiosità cittadina. L’Autore parte dalle due leggende della cintura di Maria di Nazareth che all’inizio sono molto simili e dalle ricerche effettuate, dal tipo di stoffa, dal colore e dalla lunghezza ritiene che, originariamente, possa trattarsi della stessa cintura divisa dopo il suo arrivo a Gerusalemme. Una parte, tagliata in piccole parti, vine lasciata in vari luoghi religiosi europei, come si narra nel capitolo 12; mentre l’altra, di cui si racconta nel capitolo 17, arriva a Prato intorno all’anno 1141, per mezzo del mercante Michele Dagomari.
Come afferma l’Autore stesso, sebbene alcuni episodi descritti in questo romanzo siano realmente accaduti, personaggi e vicende sono frutto della fantasia, per dare maggiore spettacolarità alla storia.
Questo affascinante thriller di Giampaolo Merciai ha come protagonista un giovane avvocato, Gianrico Dagomari, originario di Prato ma che esercita la sua professione a Napoli.
Gianrico è un uomo caratterizzato da un’integrità morale che sfiora i precetti manzoniani del “Santo Vero”.
Incorruttibile e ineccepibile, rifiuta a priori nel suo lavoro qualsiasi caso non sia difendibile eticamente. Anche nella quotidianità il suo comportamento è intatto fino al parossismo e questa virtù , nel dipanarsi del la trama , diventa un’arma a doppio taglio dove la lama opposta si dimostra pericolosa , pronta a colpirlo per troppa ingenuità e anche per eccesso di superbia.
Il romanzo inizia con un misterioso personaggio, che si muove guardingo in una notte nera e impenetrabile di un passato remoto con lo sfondo di una Toscana lontana nel tempo . Ecco il primo mistero del libro, un mistero anche nella realtà. L’uomo delle tenebre che fa qualche cosa di proibito , illecito e pericoloso è Musciattino, che rubò la cintura per portarla a Pistoia, ma si perde nella nebbia e non si accorge di essere tornato a Prato, dove viene giustiziato per la sua dissacrante infamia. Se realtà e leggenda si fondono sui testi storici, l’abilità dell’Autore è quella di riportarla in un romanzo dando un aspetto più veritiero che nel concreto, proprio perché si tratta di una “finzione” e per natura ed efficacia un libro deve essere leale. Ciò che lascia basito il lettore è la capacità dell’Autore di catapultarlo all’improvviso e senza sforzo nell’epoca moderna. E’ in questo momento che fanno la comparsa i personaggi della storia, attori attorno a Gianrico ma che danno la netta impressione di non essere solo dei figuranti. Infatti la loro costruzione psicologica è talmente raffinata che nella lettura sarebbe impossibile fare a meno di loro.
La morte improvvisa del padre di Gianrico, Alfredo Dagomari, fotografo di guerra, avvenuta in circostanze nebulose e poco chiare , riporta il figlio a Prato dopo molto tempo.
L’onta subita per mezzo del padre, cioè aver sposato un’altra donna e abbandonato la madre morente, ha causato un buco nero nella forte personalità del protagonista. Una ferita brulicante di risentimento e disamore, con le larve di un tradimento che nemmeno la morte riesce a cancellare per far posto al perdono.
L’Autore tocca temi universali e intramontabili, come il rapporto padre-figlio che butta le sue lontane origini di amore odio dai tempi biblici alla consolidazione Edipica del mito greco.
Ma un altro tema è assolutamente fondamentale nel romanzo: quello del tradimento.
Anch’esso ha origini lontane, dalla Creazione all’ impostura del traditore di Cristo, Giuda , e a quella di Bruto verso Cesare che nell’allegoria dantesca sono dilaniati da Satana come simboli della più truce delle infedeltà. Non lontani dalle fosse ove periscono i traditori degli ospiti e dei parenti. In basso. Nella parte più oscura e profonda degli inferi. E Nel romanzo di Giampaolo Merciai il tradimento fa da perno a ogni situazione. Si cela, sta in agguato, si palesa o si ritrae diventando una caratteristica possibile per tutti i personaggi. Possibile. E non certa. Dunque la chiave della costruzione della trama misteriosa sta in questo fiato sospeso di non sapere mai chi siano i buoni o i cattivi.
Tutti sono sospettabili. E la Cintura mariana al centro dell’intrigo e indiziata come la causa e la conseguenza della morte di Alfredo Dagomari, quando inizia a vacillare la causa di decesso per infarto. D’improvviso Gianrico si trova al centro di un complotto internazionale di portata sorprendente dove entrano in gioco enigmi da risolvere, lettere, rebus e caccie al tesoro: personaggi come Pietro, un barbone deriso da tutti che diventerà amico del protagonista: figura poetica e insieme indecifrabile, unico testimone della morte di Alfredo, Dunja, la moglie serba sposata in seconde nozze. Bellissima e inespugnabile , per il lettore , nel comprendere la sua vera natura o il suo reale ruolo nella vicenda. Lavinia, ispettore di polizia che per tendenza crede al giovane Dagomari, ristretta dai superiori ma caparbia nel suo istinto. Il travaglio interiore di Gianrico , il senso di colpa per sua incapacità di perdonare il padre, la sua fragilità e il rapporto difficile e a tratti ambiguo con le donne.
Giampaolo Merciai ci porta avanti e indietro nel senso del “viaggio” non solo fisico ma anche mentale, con colpi di scena, ostacoli, situazioni al limite della sopportazione umana, che saranno colpi di scalpello nell’integrità di Gianrico il quale sarà costretto per sopravvivere o per uscire illeso da contesti completamente al di fuori della norma, a scendere a compromessi con la propria coscienza, costringendosi a contravvenire alle regole ferree della sua morale.
E la reliquia, la Cintura della Vergine, simbolo di castità e purezza rimane sospesa come un’orbita, a far da specchio per ogni tipo di natura umana; quella devota e giusta e quella inarrestabile di fronte alla bramosia di potere e alla sete di denaro.
Nel finale sorprendente, l’Autore da un’ulteriore prova della sua capacità di stupire, lasciando sino all’ultima riga il lettore letteralmente catturato dalla trama, dalla quale l’attenzione non è mai distolta per tutte le trecentosessanta pagine di questo meraviglioso racconto.
Probabilmente il titolo non consente di capire bene subito di che tipo di romanzo si tratti. Parlandone con l'autore, la spiegazione che vien fuori è questa: da un lato, "porco giuda!" è una delle esclamazioni che si ripetono, in bocca al protagonista Gianrico, durante lo svolgersi della storia; dall'altro, si allude al tradimento che è per l'appunto uno dei temi su cui si sviluppa la trama (e Giuda, si sa, è il traditore per antonomasia). Il primo paragone che viene in mente procedendo con la lettura, per lo più avvincente, è con Dan Brown. Una sacra reliquia, un monaco, un mistero religioso, un morto in apertura di storia che lascia un messaggio cifrato, una sorta di caccia al tesoro in giro per il mondo. Tuttavia, se la comparazione serve a dare un'idea del genere di thriller imbastito da Merciai, sarebbe sbagliato ritenere il suo romanzo una imitazione del "Codice da Vinci". Diciamo che l'accostamento serve a delimitare un ambito. Merciai, classe 1944, pratese purosangue (nato dentro le mura, come lui ci tiene a dire), parte proprio da Prato e mette al centro del suo racconto il "Sacro Cingolo", ovvero la cintura della Madonna che, secondo la leggenda, prima della sua assunzione in cielo, la Vergine avrebbe consegnato a San Tommaso. Nel XII secolo, grazie a Michele Dagomari, mercante uso a viaggiare in Medio Oriente per commercio, la cinta arriva da Gerusalemme fino a Prato, dov'è conservata nel Duomo. Ai nostri giorni, uno dei discendenti di Michele, Alfredo Dagomari, viene ucciso nel centro della città e prima di morire fa in tempo a spedire al figlio Gianrico un biglietto su cui ha vergato un enigmatico messaggio. Gianrico, che vive a Napoli, non parla più con suo padre da quasi vent'anni, dopo che Alfredo, fotografo di guerra, lasciò la moglie gravemente ammalata per andare in Serbia e dunque non le fu vicino quando lei avrebbe avuto bisogni di lui e nel momento della morte. Dunque, c'è un conflitto padre-figlio che movimenta tutto il romanzo. Però, dato l'accaduto, Gianrico torna a Prato e comincia a indagare: sembra che qualcuno voglia impossessarsi del Sacro Cingolo e sia pronto a uccidere per questo. Seguono la scoperta di società segrete, intrighi internazionali, viaggi in città affascinanti di mezzo mondo (Belgrado, San Pietroburgo, New York, Shangai) in un intreccio di interazioni fra personaggi ben caratterizzati, tra cui alcune donne molto intriganti. Donne che sembrano apprezzare Gianrico ma a cui però lui non cede, per colpa di una recente delusione amorosa che gli ha lasciato il segno. Di ciascuna di queste figure (il barbone Pietro, la bella serba Dunja, la poliziotta Lavinia, il feroce Stevan) ci si chiede se davvero siano quello che dicono di essere, perché Merciai cerca di seminare il dubbio a ogni pie' sospinto, e la trama prende più volte direzioni diverse, fino all'inaspettato finale. Il tutto piacerà agli amanti del genere. Le descrizioni di Prato sono elaborate e realistiche, al pari di quelle delle altre città che l'autore ha davvero visitato negli anni in cui, da buon pratese, aveva una azienda tessile e girava per affari. Dal 2003, dopo essersi ritirato dal mondo per lavoro, Merciai vive sulla montagna pistoiese e si dedica alla poesia, al teatro e alla scrittura.
Antonella Griseri - poetessa, scrittrice, editor di case editrici
L’interesse principale del Romanzo di Giampaolo Merciai è l’originalità dell’argomento esplorato che si pone come assoluta novità nel panorama editoriale. L’enigma principale del libro ruota attorno alla Sacra Cintola della Madonna, un tesoro dal valore inestimabile. La Sacra Cintola, chiamata anche Sacro Cingolo, è considerata la reliquia più preziosa di Prato, fulcro della religiosità cittadina. L’Autore parte dalle due leggende della cintura di Maria di Nazareth che all’inizio sono molto simili e dalle ricerche effettuate, dal tipo di stoffa, dal colore e dalla lunghezza ritiene che, originariamente, possa trattarsi della stessa cintura divisa dopo il suo arrivo a Gerusalemme. Una parte, tagliata in piccole parti, vine lasciata in vari luoghi religiosi europei, come si narra nel capitolo 12; mentre l’altra, di cui si racconta nel capitolo 17, arriva a Prato intorno all’anno 1141, per mezzo del mercante Michele Dagomari.
Come afferma l’Autore stesso, sebbene alcuni episodi descritti in questo romanzo siano realmente accaduti, personaggi e vicende sono frutto della fantasia, per dare maggiore spettacolarità alla storia.
Questo affascinante thriller di Giampaolo Merciai ha come protagonista un giovane avvocato, Gianrico Dagomari, originario di Prato ma che esercita la sua professione a Napoli.
Gianrico è un uomo caratterizzato da un’integrità morale che sfiora i precetti manzoniani del “Santo Vero”.
Incorruttibile e ineccepibile, rifiuta a priori nel suo lavoro qualsiasi caso non sia difendibile eticamente. Anche nella quotidianità il suo comportamento è intatto fino al parossismo e questa virtù , nel dipanarsi del la trama , diventa un’arma a doppio taglio dove la lama opposta si dimostra pericolosa , pronta a colpirlo per troppa ingenuità e anche per eccesso di superbia.
Il romanzo inizia con un misterioso personaggio, che si muove guardingo in una notte nera e impenetrabile di un passato remoto con lo sfondo di una Toscana lontana nel tempo . Ecco il primo mistero del libro, un mistero anche nella realtà. L’uomo delle tenebre che fa qualche cosa di proibito , illecito e pericoloso è Musciattino, che rubò la cintura per portarla a Pistoia, ma si perde nella nebbia e non si accorge di essere tornato a Prato, dove viene giustiziato per la sua dissacrante infamia. Se realtà e leggenda si fondono sui testi storici, l’abilità dell’Autore è quella di riportarla in un romanzo dando un aspetto più veritiero che nel concreto, proprio perché si tratta di una “finzione” e per natura ed efficacia un libro deve essere leale. Ciò che lascia basito il lettore è la capacità dell’Autore di catapultarlo all’improvviso e senza sforzo nell’epoca moderna. E’ in questo momento che fanno la comparsa i personaggi della storia, attori attorno a Gianrico ma che danno la netta impressione di non essere solo dei figuranti. Infatti la loro costruzione psicologica è talmente raffinata che nella lettura sarebbe impossibile fare a meno di loro.
La morte improvvisa del padre di Gianrico, Alfredo Dagomari, fotografo di guerra, avvenuta in circostanze nebulose e poco chiare , riporta il figlio a Prato dopo molto tempo.
L’onta subita per mezzo del padre, cioè aver sposato un’altra donna e abbandonato la madre morente, ha causato un buco nero nella forte personalità del protagonista. Una ferita brulicante di risentimento e disamore, con le larve di un tradimento che nemmeno la morte riesce a cancellare per far posto al perdono.
L’Autore tocca temi universali e intramontabili, come il rapporto padre-figlio che butta le sue lontane origini di amore odio dai tempi biblici alla consolidazione Edipica del mito greco.
Ma un altro tema è assolutamente fondamentale nel romanzo: quello del tradimento.
Anch’esso ha origini lontane, dalla Creazione all’ impostura del traditore di Cristo, Giuda , e a quella di Bruto verso Cesare che nell’allegoria dantesca sono dilaniati da Satana come simboli della più truce delle infedeltà. Non lontani dalle fosse ove periscono i traditori degli ospiti e dei parenti. In basso. Nella parte più oscura e profonda degli inferi. E Nel romanzo di Giampaolo Merciai il tradimento fa da perno a ogni situazione. Si cela, sta in agguato, si palesa o si ritrae diventando una caratteristica possibile per tutti i personaggi. Possibile. E non certa. Dunque la chiave della costruzione della trama misteriosa sta in questo fiato sospeso di non sapere mai chi siano i buoni o i cattivi.
Tutti sono sospettabili. E la Cintura mariana al centro dell’intrigo e indiziata come la causa e la conseguenza della morte di Alfredo Dagomari, quando inizia a vacillare la causa di decesso per infarto. D’improvviso Gianrico si trova al centro di un complotto internazionale di portata sorprendente dove entrano in gioco enigmi da risolvere, lettere, rebus e caccie al tesoro: personaggi come Pietro, un barbone deriso da tutti che diventerà amico del protagonista: figura poetica e insieme indecifrabile, unico testimone della morte di Alfredo, Dunja, la moglie serba sposata in seconde nozze. Bellissima e inespugnabile , per il lettore , nel comprendere la sua vera natura o il suo reale ruolo nella vicenda. Lavinia, ispettore di polizia che per tendenza crede al giovane Dagomari, ristretta dai superiori ma caparbia nel suo istinto. Il travaglio interiore di Gianrico , il senso di colpa per sua incapacità di perdonare il padre, la sua fragilità e il rapporto difficile e a tratti ambiguo con le donne.
Giampaolo Merciai ci porta avanti e indietro nel senso del “viaggio” non solo fisico ma anche mentale, con colpi di scena, ostacoli, situazioni al limite della sopportazione umana, che saranno colpi di scalpello nell’integrità di Gianrico il quale sarà costretto per sopravvivere o per uscire illeso da contesti completamente al di fuori della norma, a scendere a compromessi con la propria coscienza, costringendosi a contravvenire alle regole ferree della sua morale.
E la reliquia, la Cintura della Vergine, simbolo di castità e purezza rimane sospesa come un’orbita, a far da specchio per ogni tipo di natura umana; quella devota e giusta e quella inarrestabile di fronte alla bramosia di potere e alla sete di denaro.
Nel finale sorprendente, l’Autore da un’ulteriore prova della sua capacità di stupire, lasciando sino all’ultima riga il lettore letteralmente catturato dalla trama, dalla quale l’attenzione non è mai distolta per tutte le trecentosessanta pagine di questo meraviglioso racconto.